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Il mio Iran. Intervista alla scrittrice Fariba Hachtroudi
Intervista di Katia Cerratti
Un lungo viaggio sul dorso di un cammello, verso un Paese che voleva cambiare a tutti i costi. Era la fine del 1985 e Fariba Hachtroudi, giornalista, scrittrice, inviata di guerra per i media europei e americani, trasferitasi in Francia da adolescente, non si rassegnava, non accettava che il suo popolo potesse rinunciare ai valori della libertà, dei diritti umani, della presa di coscienza, non poteva accettare che il suo popolo fosse per Khomeini. Nata a Teheran nel 1951 dal matematico Mohsen Hactroudi, più volte vicino al Nobel, e da Robab Hachtroudi, insegnante di Studi umanistici e letteratura persiana, nipote dell’ayatollah Sheikh Ismail Hashtroodi che tanto si era battuto per una Costituzione parlamentare e per l’emancipazione delle donne, Fariba, cresciuta secondo i valori dell’illuminismo, con una educazione familiare che l’aveva fortemente forgiata verso l’aspirazione alla libertà, all’uguaglianza tra uomini e donne e al rispetto dei diritti umani, decide così di intraprendere un viaggio in Iran clandestinamente, attraversando il Belucistan, per investigare sulle conseguenze della Rivoluzione e della guerra Iran-Iraq sul suo paese. Ciò che vede è scioccante: non è il suo Iran, o meglio, vorrebbe che non lo fosse, ma purtroppo lo è. [lire la suite]